Giorgio De Chirico, in uno sconosciuto scritto sul musicista Casella, ha rivelato il suo metodo affermando: “Da lungo tempo ormai mi sono reso perfettamente conto che io penso per immagini o raffigurazioni. Dopo lungo riflettere ho constatato che, in fondo, è l’immagine la principale espressione del pensiero umano, e gli altri fattori, per mezzo dei quali si esprime il pensiero, come, ad esempio le parole, i gesti e le espressioni, non sono che espressioni secondarie che accompagnano l’immagine”. Il testo in questione analizza alcuni obiettivi fondamentali della pittura del fondatore, con Carlo Carrà, Giorgio Morandi, Filippo de Pisis ed altri del gruppo di Ferrara, della Metafisica italiana.
Obiettivi che, indubbiamente, si avvicinano anche alla pittura meditata e sottilmente misteriosa di Sergio Albano.
Anche il maestro torinese sente la necessità di obiettare il pensiero, senza lasciargli neanche il tempo di tramutarsi in parola. Non vuole che l’istantanea visione venga meditata e cerca un rapporto immediato tra il vedere e l’immaginare, tra il pensare e il dire, tra il vedere e il far pensare.
Obiettivi che, indubbiamente, si avvicinano anche alla pittura meditata e sottilmente misteriosa di Sergio Albano.
Anche il maestro torinese sente la necessità di obiettare il pensiero, senza lasciargli neanche il tempo di tramutarsi in parola. Non vuole che l’istantanea visione venga meditata e cerca un rapporto immediato tra il vedere e l’immaginare, tra il pensare e il dire, tra il vedere e il far pensare.
Il canale - olio su tavola 90 x 54 cm (2007)
Pensare immagini fa parte della sua pittura: il punto di arrivo può forse diventare quello di immaginare il pensiero.
Formatosi all'Accademia Albertina, artefice della scuola di pittura denominata «Il Gruppo d'arte di via Perrone» (che opera in uno studio utilizzato in passato dallo scultore Umberto Mastroianni e dal pittore astigiano Carlo Terzolo), Sergio Albano ha iniziato a disegnare giovanissimo sotto la guida del padre Mario, paesaggista, che gli ha insegnato l’importanza del mestiere, della sostanza profonda di un’opera e della sua forma, perché nella continua ricerca di questa si afferma la vitalità della pittura.
La sua prima stagione pittorica figurativa si avvicina ai canoni ottocenteschi con tagli efficacissimi e talvolta memorabili. Di fronte all’infinità della natura impagina i suoi quadri senza filtri. La visione assume i toni sereni di paesaggi nitidi, velati da una vena romantica e dal riverbero della nostalgia.
Formatosi all'Accademia Albertina, artefice della scuola di pittura denominata «Il Gruppo d'arte di via Perrone» (che opera in uno studio utilizzato in passato dallo scultore Umberto Mastroianni e dal pittore astigiano Carlo Terzolo), Sergio Albano ha iniziato a disegnare giovanissimo sotto la guida del padre Mario, paesaggista, che gli ha insegnato l’importanza del mestiere, della sostanza profonda di un’opera e della sua forma, perché nella continua ricerca di questa si afferma la vitalità della pittura.
La sua prima stagione pittorica figurativa si avvicina ai canoni ottocenteschi con tagli efficacissimi e talvolta memorabili. Di fronte all’infinità della natura impagina i suoi quadri senza filtri. La visione assume i toni sereni di paesaggi nitidi, velati da una vena romantica e dal riverbero della nostalgia.
La passione per l’architettura, e la sua personale ricerca, portano Sergio Albano verso l’attuale filone volto ad una metafisica di ritorno immersa in un quotidiano straniante. Dai paesaggi, alle inquadrature di interno – esterno che sembrano riprese attraverso una finestra, alle straordinarie figure, Albano seleziona, semplifica, indurisce le immagini, per sottrarle alla realtà cui sembrano appartenere.Idealista, prima che realista, Albano non manifesta nessun tormento, nessuna inquietudine, nessuna ansia per un bene o per un destino da raggiungere.
La poetica che traspare dalle composizioni, particolarmente legata alle cose solide, è in realtà una poetica dell’inappartenenza, dell’estraniazione, del distacco. Nelle maggior parte dei casi Albano predilige ciò che è anonimo, che sta “aldilà della finestra”, dove è “il mondo degli altri”. Spesso gli oggetti ed i luoghi sono casuali, omologati e riappropriati attraverso il taglio dell’immagine. E, ogni qual volta si percepisce il legame con la realtà, la narrazione si svolge comunque in uno spazio fatto di inserzioni geometriche, di linee che spesso cercano l’astrazione dal limite ideale che vogliono racchiudere, proiettando la fantasia di chi guarda in un ordine metafisico, in un mondo di un’umanità distaccata e solitaria che si fa dimensione del vuoto da dove pare rimbalzino immagini di continua e ancorata solitudine.
Nelle tavole del maestro, dove emerge quanto siano importanti per Albano spazio e colore, sono rappresentati i temi più cari all’artista: i ballerini di tango, le figure di donne, i paesaggi e il teatro. Tavole, tornando al discorso introduttivo, spesso unite alla Metafisica ovvero “a ciò che è al di là delle cose fisiche”. Eppure c’è, in questo termine, qualcosa di meno e qualcosa di più, rispetto alla sua etimologia. Osservando attentamente il lavoro di Sergio Albano traspare la sua vera ricerca, l’indagine di un senso nascosto delle cose: in altre parole, “l’enigma” caro a Nietzsche (ovvero il “demone” che invocava Eraclito). Ma l’artista non fa riferimento ad un mondo iperuranico o noumenico delle idee: egli lavora intorno alla realtà così come si vede, e che si rivela, se vista sotto diverse angolature, la vera fonte del mistero e dell’enigma. Un percorso, il suo, che appartiene alla cultura figurativa del secondo Novecento piemontese, a una dimensione in cui si avverte l'attenzione rivolta anche all'esperienza di Magritte e Balthus e che gli ha permesso di approdare a un linguaggio decisamente personale. In questo modo Albano, uno dei pochissimi pittori operanti a livello professionale, ha così definito le proprie tematiche, lo splendido stile, una pittura fondata sul disegno che si riallaccia a insigni modelli come quelli stabiliti da Piero della Francesca, Giotto e Paolo Uccello. L’emblema assoluto di un’arte nitida, priva di nebulosità intellettualistiche, tutta riversata nella forma, nella perfetta composizione e nella sapiente ed armonica colorazione: un'arte che lo ha portato ad esporre nelle più importanti situazioni pubbliche e private e che, l’anno scorso, gli ha fatto assegnare l’universalmente ambito premio di Guarene.
Cinzia Tesio, Italia Arte n° 4 2008. In occasione dell'ultima mostra personale allestita al Castello di Roddi (CN) nella primavera del 2008
molto fine e descrittivo! descrizioni molto azzeccate!
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