Personalmente sono sempre stato un estimatore della musica folk italiana, nonostante siano ancora in pochi a rendersi conto della sua importanza; trovo importante metterla in risalto perché in fondo sono le nostre radici culturali e chi si cimenta (anche oggi!) nella riscoperta delle canzoni popolari andrebbe promosso e incoraggiato di più; ma questo credo lo condividano tutti. Io mi limito a riflettere sulla realtà dei fatti, vale a dire che Alberto Cesa è stato unico.
Per oltre quarant'anni questo eccellente musicista è stato un folk singer, cantastorie, cantautore suonatore di ghironda e altri strumenti popolari. Dall'incontro con Donata Pinti ha fondato, nel 1974, il gruppo "Cantovivo" di cui ha curato la direzione artistica. Ha partecipato a oltre duemila concerti.
Per chi vorrebbe documentarsi sulla carriera di un musicista così interessante, ho riportato direttamente le sue personali annotazioni biografiche, scritte in vista del suo ultimo progetto (ne parlerò dopo), ma prima ascoltiamo la bellissima "La pastora e il lupo / Il Bosco incantato, tratta da: "Il Canzoniere del Piemonte (Canti e musiche tradizionali piemontesi, occitane, francoprovenzali..)", giusto per rompere il ghiaccio con chi non conosce la musica di Alberto e dei Cantovivo:
"Torino Rossa" presente ne la raccolta: "I fogli volanti"
"Oltre il ponte"- testo di Italo Calvino - Musica di Sergio Liberovici versione pubblicata nel video "Le colonne sonore della Resistenza", prodotto da ANCR
"Valsesia"- interpretazione di Alberto Cesa e Cantovivo, tratto dal film "Colonne sonore della Resistenza"
Alberto Cesa è nato non molto dopo la fine della seconda guerra mondiale... Da piccolo ha suonato i fili d'erba, le foglie, le noci svuotate, le zucche tagliate, ha inseguito invano il sogno-proibito di una fisarmonica per avviarsi infine clandestinamente al tormentato viaggio dei suonatori autodidatti.
Ha cantato in italiano, piemontese, occitano, francese, spagnolo. E’ stato maestro di canto e di ghironda.
Ha girato il mondo, dall'Europa a Cuba... esibendosi in circoli, osterie, fabbriche, piazze, teatri, conservatori, stadi (a Monaco di Baviera per esempio), folkfestival e raduni internazionali come il Paleo di Nyon, St. Chartier, Dranouter, Monaco, Vienna, Edimburgo, Praga, Stoccolma, Lisbona e così via... passando per radio e televisioni locali e internazionali, la Rai e l'Eurovisione...
Ha lavorato su decine di dischi, suoi, del Cantovivo e di altre produzioni, guadagnandosi riconoscimenti di prestigio, come il “Grand Prix International du Disque di Montreux" nel 1981, il “Premio Speciale” al 2° Concorso delle Minoranze Linguistiche in Friuli nel 1988, il “2° posto” in una graduatoria della Scottish Folk Gazette nel 1994, la “Selection Suisse Radio lnternational 1995” per la direzione artistica del cd "I Verzasca" (documenti di musica popolare ticinese), il “Premio Rosa Balistreri” nel 2000 per la sua preziosa ricerca e riproposta della tradizione popolare...
E' stato pubblicato in album e cd di "Curcio Editore", "Fabbri Editori", "CGD Messaggerie Musicali", "Brambus Rekords", "Virgin Rekords", "Nightingale Classic", "World Music Network", "Blonds Rekords", dalle riviste "a/rivista anarchica", "World Music" e "Avvenimenti", dai quotidiani "il manifesto" e "La Stampa"....
Nel 2001 ha pubblicato con il quotidiano “il manifesto” il DISCOLIBRO “Fogli Volanti - diario di un musicante”, con cui ripercorre, attraverso 11 nuove canzoni (già pubblicate in una prima versione con solo cd nel 1999 dal quotidiano La Stampa) e una trentina di racconti, la sua lunga avventura umana, politica e musicale vissuta in gran parte con il gruppo Cantovivo.
Ha suonato la ghironda con l'Orchestra della Radio Svedese diretta da Friedriech Haider, con il soprano Edita Gruberova e con l'Orchestra Sinfonica di Bilbao…
E' stato ideatore e organizzatore di eventi come il “Premio Chico Mendes”, “Menestrelli d’Italia”, “Cesaroni Day”, “Ballonsanfàn”...
Ha diviso la scena con Fabrizio De André, Francesco Guccini, Paolo Conte, Ivan Della Mea, Gang, Paolo Rossi, Nuova Compagnia di Canto Popolare, Alan Stivell, Inti Illimani, Miriam Makeba e altri artisti internazionali.
In quasi quarant’anni di fatiche e divertissement, ha avviato decine e decine di ragazzi e adulti alla conoscenza e alla pratica del folk, ha portato musicisti, dilettanti e professionisti a prendersi applausi prima sconosciuti, a ridere, bere, amare, sognare, in ogni angolo d'Europa e del mondo...
Ha cantato (e canterà) fino all’ultima goccia di energia, per il “Mondo migliore che verrà”!
• TRA LE PUBBLICAZIONI DISCOGRAFICHE
PREMIO SPECIALE 1988 - 2° Concorso Nazionale Minoranze Linguistiche - con una canzone scritta in rappresentanza della tradizione occitana – Radio Onde Furlane la pubblica nell’album “Premi Friul”
DISTRIBUITO NEL MONDO dall’etichetta elvetica “Brambus records” con “Antologia”
TRA LE COMPILATION:
- Modugno e i Cantastorie - nelle edicole italiane con Curcio editore
- Enciclopedia Canzone Italiana - nelle edicole italiane con Fabbri editori
- Le Belle Bandiere - S.A.C.S. ed.
- The Music Of Italy - World Music Network / G.B.
GRAND PRIX INTERNATIONAL DU DISQUE di Montreux / 1981 con l’album di “Cantovivo” “Leva La Gamba”
NELLE EDICOLE E LIBRERIE ITALIANE
-con AVVENIMENTI: “Collage” / 1997
-con LA STAMPA: “Fogli Volanti” / 1° ed. 1999
-con IL MANIFESTO: “Contro-Canto Popolare” - 1996 e I Fogli Volanti - 2a ed. in DISCOLIBRO – 2001
Purtroppo entrambi i libri sono venuti alla luce dopo che il loro autore e promotore ci aveva lasciato, portando la sua ghironda e la sua voce in siti dove, comunque li si voglia intendere, non gli sarà più possibile aggiungerci una dedica ed un autografo. Per nostra fortuna i due libri sono però nati, benché orfani di padre, ed anche se hanno acquistato il senso di lascito testamentario, anziché di materia di festeggiamenti, non per questo hanno perso la capacità di deliziarci, commuoverci, istruirci ed arricchirci.
“Il canzoniere del Piemonte”, come dichiara espressamente il titolo, intende privilegiare, di tutta la vasta attività svolta da “Cantovivo”, il carattere di iniziativa tesa alla ricerca, la riproposta e la diffusione del folklore, soprattutto musicale, delle aree piemontesi, occitane e francoprovenzali. Rispetto al libro precedente costituisce una specie di “zoom” o di carrellata in avanti, che vuole individuare e mettere a fuoco questo campo specifico di intervento culturale, riconoscendogli il carattere di “marchio di fabbrica” dell’avventura intrapresa, senza per questo rinnegare tutte le altre molteplici valenze che essa ha avuto: il canto sociale, il canzoniere politico, la cronaca cantata, la sperimentazione sonora, il folklore di aree culturali anche straniere. Se Terenzio affermava che “nihil humanum mihi alienum “, Alberto avrebbe potuto dire, in forma meno accademica “Cantè, sonè, balè, tutt am anporta”. Questo repertorio del folklore musicale, che vuol chiamarsi “piemontese” non in senso strettamente geografico e territoriale, ma più estesamente storico e culturale, è stato selezionato, ascoltato, imparato e assimilato senza porsi altro limite che il piacere di ricantarlo e risuonarlo in compagnia, procurando lo stesso piacere al pubblico. Al rigore filologico si è sempre accompagnata una giusta dose di edonismo. Per questo le “fonti” sono le più disparate e mancano deliberatamente di sistematicità, per rispondere all’esigenza di massima onnicomprensività. Parte del repertorio viene da registrazioni sul campo da parte di “informatori” classici, protagonisti della “cultura orale” e fonti privilegiate degli etnomusicologi doc : ma non si rifiutano apporti libreschi come quelli delle raccolte di Costantino Nigra, di Leone Sinigaglia, o di Alfredo Nicola.
Alcune canzoni sono infine riprese dalla produzione di noti autori in dialetto con nome e cognome, come il beneamato Angelo Brofferio; altre infine sono direttamente composte dal compilatore, cioè da Alberto stesso o da qualche suo complice, un po’ con il vezzo di farle passare per “musica di anonimo”, un po’ con l’intento di rivendicarne il carattere di prodotto“sullo stile di”, da inserire a pieno titolo in un repertorio folk. In più questa “piemontesità”, amata con il cuore e compresa con la ragione, non scivola mai nel campanilismo e nello sciovinismo localistico. Come riporta un ritaglio di articolo da “L’Avvenire” del Maggio ’97 “Rispetto per la tradizione sì, campanilismo no. Così potrebbe essere sintetizzata la filosofia dei Cantovivo che intrecciano canti "piemontesi" con i motivi medievali dei trovatori e dei menestrelli o con le musiche delle minoranze linguistiche, riuscendo, di tanto in tanto, a strizzare l'occhio al folk europeo e internazionale.”
Infatti alle canzoni ed alle musiche da ballo provenienti dalle vallate piemontesi, si mescolano con estrema disinvoltura musiche scandinave o irlandesi, non per un omaggio banale alla world music, ma per il gusto di cogliere, e far cogliere al pubblico, le analogie fra queste ed una monferrina o una courenta.
Nell’interessante descrizione e ”scheda tecnica” degli strumenti popolari, vengono enumerati fra un violino ed un organetto anche la cornamusa (che, assente come strumento tradizionale piemontese, in Italia è soprattutto di tradizione meridionale) o il dulcimer, reperibile addirittura nel folklore dei monti Appalacchi, negli USA. Viva il Piemonte e le sue tradizioni, ancora più godibili però se inserite e confrontate e fatte giocare con le tradizioni di altri popoli e di altri paesi. Questo approccio con il folklore di questa nostra regione è quindi ben lontano dalla mentalità di quelli che, con insolita cattiveria Georges Brassens chiamava “Les imbécil’s heureux qui sont nés quelque part”, e riporta piuttosto al verso della bella canzone di Pietro Gori “Nostra patria è il mondo intero”.
Le canzoni, a parte quelle che mi compongo e mi canto io, le divido in tre categorie: quelle che non mi piacciono (moltissime), quelle che mi piacciono (molte) e quelle che rimpiango di non aver composto io (pochissime). Anche per i libri mi succede qualcosa di simile. Premesso che non ne ho mai scritto uno, sono due i libri che mi dispiace non aver scritto; che, a esser più precisi, mi hanno fatto provare una certa gelosia nei riguardi dei rispettivi autori, per il fatto di averli scritti loro per primi battendomi sul tempo. Uno è stato il libro di Francesco Guccini “Croniche epafaniche”, che con quel picaresco diario dell’infanzia a Pavana, prima, durante ed immediatamente dopo la guerra, mi ha bruciato la possibilità di raccontare le mie vicende personali ambientate, più o meno nello stesso periodo, a Chiusa Pesio, paese natale di mia madre, in cui trascorsi alcuni anni da “sfollato”. Devo dire che non avevo mai pensato di scriverci non dico un libro, ma neppure un racconto, ma il diario di Guccini mi ha fatto sentire lo stesso defraudato di una possibilità, sia pure latente ed ipotetica.
L’altro libro è naturalmente questo –ahimè- postumo di Alberto Cesa. Anche in questo caso, fatta eccezione per qualche breve saggio o articolo a ricordo dei “Cantacronache”, non ho mai pensato di scrivere un libro sulle mie vicende di cantautore. Ma a leggere di tanti personaggi, avventure, ideali, situazioni, contesti descritti e narrati da Alberto, affini e a volte coincidenti con personaggi, avventure, ideali, situazioni e contesti che ho conosciuto e vissuto io stesso di persona, ho provato la stessa impressione: quella di trovarmi di fronte a pagine che avrei potuto scrivere io, ed invece sono firmate da un altro; come se si trattasse di un plagio, non “letterario” ma “biografico”. Non potrei mai dire, di questo libro, che “si legge come un romanzo”: almeno per me si legge come un diario in cui ritrovo le mie nostalgie, rabbie, gioie, allegrie, fantasie, amicizie che non sono quelle della fiction ma quelle della vita vissuta. Si racconta di avvenimenti che a volte fanno ridere a crepapelle, come quello della irresistibile “storia” di Alberto e del Cantovivo scritta in uno scalcinato grammelot da Renato Scagliola, e letta da Franco Contardo, in occasione di una bisboccia fra amici; ebbene è successo lo stesso a me, anch’io sono stato protagonista di una “storia” regalatami dai due Cantambanchi in occasione di un’altra bisboccia. E questa “storia” – colpa mia – non è stata immortalata in nessun libro, ed è un peccato. Alberto ci racconta della sorpresa, del compiacimento, dell’incredulità con cui ha ascoltato una celebre canzone del suo repertorio, “Barbagal”, oltretutto in piemontese, cantata e addirittura registrata su disco da un trio di belle ragazze belghe. Beh, miei cari, con egual sorpresa, compiacimento ed incredulità seppi da amici che il mio “Morti di Reggio Emilia” era stato cantato nel corso di una tournée in Italia dal Coro della Flotta Sovietica del Mar Nero, cioè dagli eredi diretti dell’Incrociatore Potemkin (magari tre belle ragazze belghe sono più gratificanti ma meno engagées).Anche questa ,comunque ,un’occasione mancata per un bel capitolo di una storia mai scritta. L’elenco delle persone, dei fatti e delle situazioni narrati da Alberto, in cui mi sono ritrovato quasi sovrapponendomi a lui è lunghissimo: Ewan Mc Coll e Peggy Seeger ( li ho conosciuti quando vennero a Torino per un folkfestival alla cui organizzazione avevo partecipato, facendo addirittura da interprete al loro concerto); la frequente carenza delle apparecchiature per l’amplificazione fornite dagli organizzatori di festival de l’Unità coraggiosamente montati in paesini remoti (io non ho mai avuto impianti miei da portarmi dietro, quindi ho sofferto dell’inconveniente molto più spesso); gli eventi “epocali” degli spettacoli come “Bella Ciao” e “Ci ragiono e canto” ; la fratellanza canora e politica con una miriade di compagni come Michele Straniero, Giovanna Marini, Ivan della Mea, Gualtiero Bertelli, Franco Coggiola, Franco Lucà, il Galletto di Gallura, Gianfranco Perempruner ed i già citati Cantambanchi ; il rifiuto della vulgata (parecchio in auge negli anni ’70) che nel canto politico engagé conti solo quel che si canta e non anche come lo si canta, come se la nobiltà dei contenuti servisse da alibi per non porsi problemi di stile e di buona esecuzione; la stagione del “riflusso nel privato”, spiazzante per chi fino ad allora aveva scritto e cantato canzoni contro il fascismo, il franchismo, l’imperialismo, per cambiare la società e il mondo. L’elenco potrebbe continuare per parecchie pagine, quasi quanto quelle di questo libro. Mi viene quindi più facile parlare di alcune delle cose e dei fatti narrati in questo libro in cui non mi sono ritrovato. Per esempio Alberto racconta delle sue esperienze di insegnante (di canto, di ballo, di ghironda) ; esperienze che esulano completamente dal mio campo d’azione, perché non sono mai stato fornito della capacità , o della volontà, di insegnare qualcosa a qualcuno. C’è da dire che Alberto, nel suoi libro, parla quasi scherzosamente del suo ruolo di maestro, riservando più ampi spazi a quelli che ritiene essere stati i suoi maestri, dai grandi del folk ad umili e sconosciuti cantori, suonatori, musicanti, sapienti del mondo popolare. Non mi sono ritrovato neppure nell’importantissima – per Alberto – scoperta della ghironda : prima di conoscere quella di Alberto ,di questo strumento sapevo qualcosa solo per averlo sentito suonare dallo svizzero René Zosso in un folkfestival in Germania, e per averne conoscenza indiretta dall’ultimo lied della Winterreise di Schubert, intitolato “Der Leiermann”, in cui il pianoforte d’accompagnamento, per tutta la durata del lied , ribatte un basso costante a guisa di bordone, per riprodurre quello della ghironda. Infine non potrò mai vantare un incontro favoloso come quello vissuto e raccontato da Alberto con Beniamino, vecchio fabbro incontrato in un paesino del cuneese, dov’era considerato alla stregua di un bizzarro ubriacone e che, fattosi imprestare lo strumento dal violinista del Cantovivo, si mise a suonare in modo impeccabile i Capricci di Paganini. Avessi avuto anch’io una analoga avventura, ne avrei sicuramente ricavato una canzone (come Alberto ha fatto), e magari ne avrei tratto lo spunto per scrivere anch’io un libro, intitolato – ovviamente -“Con la chitarra in spalla”.
Ed ecco che, nel cercare di rendere utile quello che nel mio piccolo ho scritto per far veicolare al pubblico del blog una "summa" di dimensioni difficili da descrivere (senza provare un sincero rammarico), vorrei condividere con voi lettori il piacere di una musica così bella ed importante, che è stata davvero il frutto di una straordinaria forma di coerenza con il linguaggio e la poetica. Propria di chi ha dedicato anima e corpo ai propri ideali, alla propria arte e alla difesa delle Radici.
Alberto Cesa, i Cantovivo sono un esempio di patrimonio del mondo musicale che deve essere riscoperto, riascoltato, ricordato. L'ideale preziosa continuazione di questo Percorso si chiama Alberkant, così come ne parla Renato Scagliola nella sua presentazione:
Alberto Cesa se n'è andato all'improvviso all'inizio del 2010, quando c'era ancora tanto da fare, da suonare, da inventare. E noi, che abbiamo condiviso con lui tanti anni di musica e allegrie, vogliamo provare a riprendere in mano tutto quel grande patrimonio di musica popolare, di impegno civile e politico - che ha messo insieme in tutta la sua vita, e che ci ha lasciato quasi come testamento. Anche se al testamento non ci pensava proprio, anzi. Aveva progetti e idee, robe da scrivere, tutte confluite, già dal 1974, nell'Associazione Cantovivo che si occupa oggi della sua produzione e della sua memoria rivolgendosi a quella varia, diffusa comunità di amici, musicanti, estimatori, specialisti, diffusa in mezza Italia.
I materiali sonori da studiare sono un'enciclopedia, piemontesi e occitani, francesi e spagnoli, brani nuovi targati Cesa, belle scritture - testi e musiche - che raccontano le cose di oggi, fondendo la tradizione con le nuove culture. Per questo ci siamo battezzati Alberkant, coniugando il nome di Alberto con l'abbreviazione di canto col K. Un neologismo che speriamo mantenga le sue promesse.
Gli Alberkant nascono dall'unione di quattro musicisti e amici con l'intento di riproporre l'immenso repertorio folk e popolare che Alberto Cesa e Cantovivo hanno prodotto in oltre 30 anni di ricerca e impegno. La coerenza delle parole legate alle azioni dove la musica non viene condizionata dal business e dalle regole del mercato rimangono una prerogativa anche per gli Alberkant che si legano con la musica e con l'affetto alla figura di Alberto Cesa quale maestro indiscusso e figura di riferimento per il folk in Italia e all'estero.
Gli Alberkant sono Celeste Ruà, organetto, cornamusa e voce, storico collaboratore del Cantovivo dal 1999; Antonio Mammone, fisarmonica e voce, collaboratore del Cantovivo nel 1998; Fabio Turini, percussioni, musicista degli Egin dal 2005; Fabrizio Bobbio, chitarra acustica e voce.
....parleremo ancora di Alberto e dei Cantovivo. Stay tuned!
Per oltre quarant'anni questo eccellente musicista è stato un folk singer, cantastorie, cantautore suonatore di ghironda e altri strumenti popolari. Dall'incontro con Donata Pinti ha fondato, nel 1974, il gruppo "Cantovivo" di cui ha curato la direzione artistica. Ha partecipato a oltre duemila concerti.
Per chi vorrebbe documentarsi sulla carriera di un musicista così interessante, ho riportato direttamente le sue personali annotazioni biografiche, scritte in vista del suo ultimo progetto (ne parlerò dopo), ma prima ascoltiamo la bellissima "La pastora e il lupo / Il Bosco incantato, tratta da: "Il Canzoniere del Piemonte (Canti e musiche tradizionali piemontesi, occitane, francoprovenzali..)", giusto per rompere il ghiaccio con chi non conosce la musica di Alberto e dei Cantovivo:
"Torino Rossa" presente ne la raccolta: "I fogli volanti"
"Oltre il ponte"- testo di Italo Calvino - Musica di Sergio Liberovici versione pubblicata nel video "Le colonne sonore della Resistenza", prodotto da ANCR
"Valsesia"- interpretazione di Alberto Cesa e Cantovivo, tratto dal film "Colonne sonore della Resistenza"
Alberto Cesa è nato non molto dopo la fine della seconda guerra mondiale... Da piccolo ha suonato i fili d'erba, le foglie, le noci svuotate, le zucche tagliate, ha inseguito invano il sogno-proibito di una fisarmonica per avviarsi infine clandestinamente al tormentato viaggio dei suonatori autodidatti.
Ha cantato in italiano, piemontese, occitano, francese, spagnolo. E’ stato maestro di canto e di ghironda.
Ha girato il mondo, dall'Europa a Cuba... esibendosi in circoli, osterie, fabbriche, piazze, teatri, conservatori, stadi (a Monaco di Baviera per esempio), folkfestival e raduni internazionali come il Paleo di Nyon, St. Chartier, Dranouter, Monaco, Vienna, Edimburgo, Praga, Stoccolma, Lisbona e così via... passando per radio e televisioni locali e internazionali, la Rai e l'Eurovisione...
Ha lavorato su decine di dischi, suoi, del Cantovivo e di altre produzioni, guadagnandosi riconoscimenti di prestigio, come il “Grand Prix International du Disque di Montreux" nel 1981, il “Premio Speciale” al 2° Concorso delle Minoranze Linguistiche in Friuli nel 1988, il “2° posto” in una graduatoria della Scottish Folk Gazette nel 1994, la “Selection Suisse Radio lnternational 1995” per la direzione artistica del cd "I Verzasca" (documenti di musica popolare ticinese), il “Premio Rosa Balistreri” nel 2000 per la sua preziosa ricerca e riproposta della tradizione popolare...
E' stato pubblicato in album e cd di "Curcio Editore", "Fabbri Editori", "CGD Messaggerie Musicali", "Brambus Rekords", "Virgin Rekords", "Nightingale Classic", "World Music Network", "Blonds Rekords", dalle riviste "a/rivista anarchica", "World Music" e "Avvenimenti", dai quotidiani "il manifesto" e "La Stampa"....
Nel 2001 ha pubblicato con il quotidiano “il manifesto” il DISCOLIBRO “Fogli Volanti - diario di un musicante”, con cui ripercorre, attraverso 11 nuove canzoni (già pubblicate in una prima versione con solo cd nel 1999 dal quotidiano La Stampa) e una trentina di racconti, la sua lunga avventura umana, politica e musicale vissuta in gran parte con il gruppo Cantovivo.
Ha suonato la ghironda con l'Orchestra della Radio Svedese diretta da Friedriech Haider, con il soprano Edita Gruberova e con l'Orchestra Sinfonica di Bilbao…
E' stato ideatore e organizzatore di eventi come il “Premio Chico Mendes”, “Menestrelli d’Italia”, “Cesaroni Day”, “Ballonsanfàn”...
Ha diviso la scena con Fabrizio De André, Francesco Guccini, Paolo Conte, Ivan Della Mea, Gang, Paolo Rossi, Nuova Compagnia di Canto Popolare, Alan Stivell, Inti Illimani, Miriam Makeba e altri artisti internazionali.
In quasi quarant’anni di fatiche e divertissement, ha avviato decine e decine di ragazzi e adulti alla conoscenza e alla pratica del folk, ha portato musicisti, dilettanti e professionisti a prendersi applausi prima sconosciuti, a ridere, bere, amare, sognare, in ogni angolo d'Europa e del mondo...
Ha cantato (e canterà) fino all’ultima goccia di energia, per il “Mondo migliore che verrà”!
• TRA LE PUBBLICAZIONI DISCOGRAFICHE
PREMIO SPECIALE 1988 - 2° Concorso Nazionale Minoranze Linguistiche - con una canzone scritta in rappresentanza della tradizione occitana – Radio Onde Furlane la pubblica nell’album “Premi Friul”
DISTRIBUITO NEL MONDO dall’etichetta elvetica “Brambus records” con “Antologia”
TRA LE COMPILATION:
- Modugno e i Cantastorie - nelle edicole italiane con Curcio editore
- Enciclopedia Canzone Italiana - nelle edicole italiane con Fabbri editori
- Le Belle Bandiere - S.A.C.S. ed.
- The Music Of Italy - World Music Network / G.B.
GRAND PRIX INTERNATIONAL DU DISQUE di Montreux / 1981 con l’album di “Cantovivo” “Leva La Gamba”
NELLE EDICOLE E LIBRERIE ITALIANE
-con AVVENIMENTI: “Collage” / 1997
-con LA STAMPA: “Fogli Volanti” / 1° ed. 1999
-con IL MANIFESTO: “Contro-Canto Popolare” - 1996 e I Fogli Volanti - 2a ed. in DISCOLIBRO – 2001
ALBERTO CESA AVEVA IN PREPARAZIONE, FRA MOLTO ALTRO, LA PUBBLICAZIONE DI DUE VOLUMI SULLA STORIA SUA E DEL GRUPPO “CANTOVIVO”:
1) Il canzoniere del cantovivo / a cura di Alberto Cesa, con partiture musicali di Massimo Sartori e trascrizioni in lingua piemontese di Paolo Sirotto.
Volume con testi, traduzioni, note esplicative, partiture, appunti, riflessioni, annotazioni sul repertorio messo in campo da Cantovivo in quattro decenni di attività.
Tale repertorio sarà articolato nei quattro ambiti culturali in cui il Cantovivo si è impegnato:
- la tradizione piemontese: con le sue ballate, i canti del calendario contadino, le filastrocche,
le danze, le “chansons à boire” e “à rire”...
- il lavoro, l’emigrazione, le lotte operaie
- i canti partigiani e di libertà, italiani e internazionali
- i “fogli volanti” di Alberto Cesa, esempio di nuova canzone popolare e cantastoriale...
Il volume sarà accompagnato da 2 CD antologici
2) Con la ghironda in spalla / di Alberto Cesa
Volume di racconti, aneddoti, ricordi, spunti, riflessioni storiche e musicali gravitanti sull'esperienza personale di Cesa interprete, autore e ricercatore, sulla sua musica con (e oltre il) Cantovivo e strettamente intrecciate con le vicende decennali dell’evoluzione dal Tradizionale al Folk: un'autobiografia che diventa storia di una lunga stagione di impegno culturale e di battaglie, di incontri e scontri con le .prospettive affini o contrastanti di tanti altri protagonisti...
Queste sono opere postume pubblicate per la prima volta rispettivamente nel 2010 e nel 2011; per la precisione:
IL LIBRO “Il Canzoniere del Piemonte” - 150 pagine circa, comprendenti:- testi, traduzioni, spiegazioni, partiture, di ogni singolo brano - appunti, riflessioni e annotazioni sui temi principali della musica popolare: la festa, il lavoro, la partenza… COMPRENDENTE DUE CD con oltre trenta esempi musicali;
IL LIBRO “Con la ghironda in spalla”- 250 pagine circa, comprendenti:- racconti, aneddoti, spunti, contrappunti… attorno alla lunga avventura di Alberto Cesa dentro quattro decenni di piccola e grande storia.
COMPRENDENTE DUE CD: Fogli Volanti e Il Canzoniere dei ribelli;
Per chi volesse acquistarli può rivolgersi a:
A questo punto vale davvero la pena di leggere le rispettive prefazioni di Fausto Amodei:
Per chi volesse acquistarli può rivolgersi a:
LA GANG DEL PENSIERO, corso Telesio 99 - tel 011 77.32.338 (chiuso il lunedì)
SCRITTI SULLA MUSICA, via Foscolo 11/b - tel 011655951 - info@scrittisullamusica.it(chiuso il lunedì)
BEETHOVEN HOUSE, Via Giuseppe Mazzini, 12, 10123 Torino, Telefono:011 887750
oppure potete scrivere a: cantovivo@cantovivo.com
o il cell 3358006846A questo punto vale davvero la pena di leggere le rispettive prefazioni di Fausto Amodei:
Prefazione a “Il Canzoniere del Piemonte”
Questo libro, congiuntamente a “Con la ghironda in spalla”, pubblicato l’anno scorso presso lo stesso editore, era stato voluto, curato e composto da Alberto, perché uscisse in corrispondenza del trentacinquesimo anniversario della nascita di “Cantovivo”, la multiforme creatura fatta di suoni, melodie, strumenti musicali, voci, pellegrinaggi, personaggi, danze, idee che Alberto aveva generato, plasmato, fatto crescere e viaggiare in lungo e in largo con smisurata passione e gagliarda determinazione. Purtroppo entrambi i libri sono venuti alla luce dopo che il loro autore e promotore ci aveva lasciato, portando la sua ghironda e la sua voce in siti dove, comunque li si voglia intendere, non gli sarà più possibile aggiungerci una dedica ed un autografo. Per nostra fortuna i due libri sono però nati, benché orfani di padre, ed anche se hanno acquistato il senso di lascito testamentario, anziché di materia di festeggiamenti, non per questo hanno perso la capacità di deliziarci, commuoverci, istruirci ed arricchirci.
“Il canzoniere del Piemonte”, come dichiara espressamente il titolo, intende privilegiare, di tutta la vasta attività svolta da “Cantovivo”, il carattere di iniziativa tesa alla ricerca, la riproposta e la diffusione del folklore, soprattutto musicale, delle aree piemontesi, occitane e francoprovenzali. Rispetto al libro precedente costituisce una specie di “zoom” o di carrellata in avanti, che vuole individuare e mettere a fuoco questo campo specifico di intervento culturale, riconoscendogli il carattere di “marchio di fabbrica” dell’avventura intrapresa, senza per questo rinnegare tutte le altre molteplici valenze che essa ha avuto: il canto sociale, il canzoniere politico, la cronaca cantata, la sperimentazione sonora, il folklore di aree culturali anche straniere. Se Terenzio affermava che “nihil humanum mihi alienum “, Alberto avrebbe potuto dire, in forma meno accademica “Cantè, sonè, balè, tutt am anporta”. Questo repertorio del folklore musicale, che vuol chiamarsi “piemontese” non in senso strettamente geografico e territoriale, ma più estesamente storico e culturale, è stato selezionato, ascoltato, imparato e assimilato senza porsi altro limite che il piacere di ricantarlo e risuonarlo in compagnia, procurando lo stesso piacere al pubblico. Al rigore filologico si è sempre accompagnata una giusta dose di edonismo. Per questo le “fonti” sono le più disparate e mancano deliberatamente di sistematicità, per rispondere all’esigenza di massima onnicomprensività. Parte del repertorio viene da registrazioni sul campo da parte di “informatori” classici, protagonisti della “cultura orale” e fonti privilegiate degli etnomusicologi doc : ma non si rifiutano apporti libreschi come quelli delle raccolte di Costantino Nigra, di Leone Sinigaglia, o di Alfredo Nicola.
Alcune canzoni sono infine riprese dalla produzione di noti autori in dialetto con nome e cognome, come il beneamato Angelo Brofferio; altre infine sono direttamente composte dal compilatore, cioè da Alberto stesso o da qualche suo complice, un po’ con il vezzo di farle passare per “musica di anonimo”, un po’ con l’intento di rivendicarne il carattere di prodotto“sullo stile di”, da inserire a pieno titolo in un repertorio folk. In più questa “piemontesità”, amata con il cuore e compresa con la ragione, non scivola mai nel campanilismo e nello sciovinismo localistico. Come riporta un ritaglio di articolo da “L’Avvenire” del Maggio ’97 “Rispetto per la tradizione sì, campanilismo no. Così potrebbe essere sintetizzata la filosofia dei Cantovivo che intrecciano canti "piemontesi" con i motivi medievali dei trovatori e dei menestrelli o con le musiche delle minoranze linguistiche, riuscendo, di tanto in tanto, a strizzare l'occhio al folk europeo e internazionale.”
Infatti alle canzoni ed alle musiche da ballo provenienti dalle vallate piemontesi, si mescolano con estrema disinvoltura musiche scandinave o irlandesi, non per un omaggio banale alla world music, ma per il gusto di cogliere, e far cogliere al pubblico, le analogie fra queste ed una monferrina o una courenta.
Nell’interessante descrizione e ”scheda tecnica” degli strumenti popolari, vengono enumerati fra un violino ed un organetto anche la cornamusa (che, assente come strumento tradizionale piemontese, in Italia è soprattutto di tradizione meridionale) o il dulcimer, reperibile addirittura nel folklore dei monti Appalacchi, negli USA. Viva il Piemonte e le sue tradizioni, ancora più godibili però se inserite e confrontate e fatte giocare con le tradizioni di altri popoli e di altri paesi. Questo approccio con il folklore di questa nostra regione è quindi ben lontano dalla mentalità di quelli che, con insolita cattiveria Georges Brassens chiamava “Les imbécil’s heureux qui sont nés quelque part”, e riporta piuttosto al verso della bella canzone di Pietro Gori “Nostra patria è il mondo intero”.
Fausto Amodei
Prefazione a “Con la ghironda in spalla”
L’altro libro è naturalmente questo –ahimè- postumo di Alberto Cesa. Anche in questo caso, fatta eccezione per qualche breve saggio o articolo a ricordo dei “Cantacronache”, non ho mai pensato di scrivere un libro sulle mie vicende di cantautore. Ma a leggere di tanti personaggi, avventure, ideali, situazioni, contesti descritti e narrati da Alberto, affini e a volte coincidenti con personaggi, avventure, ideali, situazioni e contesti che ho conosciuto e vissuto io stesso di persona, ho provato la stessa impressione: quella di trovarmi di fronte a pagine che avrei potuto scrivere io, ed invece sono firmate da un altro; come se si trattasse di un plagio, non “letterario” ma “biografico”. Non potrei mai dire, di questo libro, che “si legge come un romanzo”: almeno per me si legge come un diario in cui ritrovo le mie nostalgie, rabbie, gioie, allegrie, fantasie, amicizie che non sono quelle della fiction ma quelle della vita vissuta. Si racconta di avvenimenti che a volte fanno ridere a crepapelle, come quello della irresistibile “storia” di Alberto e del Cantovivo scritta in uno scalcinato grammelot da Renato Scagliola, e letta da Franco Contardo, in occasione di una bisboccia fra amici; ebbene è successo lo stesso a me, anch’io sono stato protagonista di una “storia” regalatami dai due Cantambanchi in occasione di un’altra bisboccia. E questa “storia” – colpa mia – non è stata immortalata in nessun libro, ed è un peccato. Alberto ci racconta della sorpresa, del compiacimento, dell’incredulità con cui ha ascoltato una celebre canzone del suo repertorio, “Barbagal”, oltretutto in piemontese, cantata e addirittura registrata su disco da un trio di belle ragazze belghe. Beh, miei cari, con egual sorpresa, compiacimento ed incredulità seppi da amici che il mio “Morti di Reggio Emilia” era stato cantato nel corso di una tournée in Italia dal Coro della Flotta Sovietica del Mar Nero, cioè dagli eredi diretti dell’Incrociatore Potemkin (magari tre belle ragazze belghe sono più gratificanti ma meno engagées).Anche questa ,comunque ,un’occasione mancata per un bel capitolo di una storia mai scritta. L’elenco delle persone, dei fatti e delle situazioni narrati da Alberto, in cui mi sono ritrovato quasi sovrapponendomi a lui è lunghissimo: Ewan Mc Coll e Peggy Seeger ( li ho conosciuti quando vennero a Torino per un folkfestival alla cui organizzazione avevo partecipato, facendo addirittura da interprete al loro concerto); la frequente carenza delle apparecchiature per l’amplificazione fornite dagli organizzatori di festival de l’Unità coraggiosamente montati in paesini remoti (io non ho mai avuto impianti miei da portarmi dietro, quindi ho sofferto dell’inconveniente molto più spesso); gli eventi “epocali” degli spettacoli come “Bella Ciao” e “Ci ragiono e canto” ; la fratellanza canora e politica con una miriade di compagni come Michele Straniero, Giovanna Marini, Ivan della Mea, Gualtiero Bertelli, Franco Coggiola, Franco Lucà, il Galletto di Gallura, Gianfranco Perempruner ed i già citati Cantambanchi ; il rifiuto della vulgata (parecchio in auge negli anni ’70) che nel canto politico engagé conti solo quel che si canta e non anche come lo si canta, come se la nobiltà dei contenuti servisse da alibi per non porsi problemi di stile e di buona esecuzione; la stagione del “riflusso nel privato”, spiazzante per chi fino ad allora aveva scritto e cantato canzoni contro il fascismo, il franchismo, l’imperialismo, per cambiare la società e il mondo. L’elenco potrebbe continuare per parecchie pagine, quasi quanto quelle di questo libro. Mi viene quindi più facile parlare di alcune delle cose e dei fatti narrati in questo libro in cui non mi sono ritrovato. Per esempio Alberto racconta delle sue esperienze di insegnante (di canto, di ballo, di ghironda) ; esperienze che esulano completamente dal mio campo d’azione, perché non sono mai stato fornito della capacità , o della volontà, di insegnare qualcosa a qualcuno. C’è da dire che Alberto, nel suoi libro, parla quasi scherzosamente del suo ruolo di maestro, riservando più ampi spazi a quelli che ritiene essere stati i suoi maestri, dai grandi del folk ad umili e sconosciuti cantori, suonatori, musicanti, sapienti del mondo popolare. Non mi sono ritrovato neppure nell’importantissima – per Alberto – scoperta della ghironda : prima di conoscere quella di Alberto ,di questo strumento sapevo qualcosa solo per averlo sentito suonare dallo svizzero René Zosso in un folkfestival in Germania, e per averne conoscenza indiretta dall’ultimo lied della Winterreise di Schubert, intitolato “Der Leiermann”, in cui il pianoforte d’accompagnamento, per tutta la durata del lied , ribatte un basso costante a guisa di bordone, per riprodurre quello della ghironda. Infine non potrò mai vantare un incontro favoloso come quello vissuto e raccontato da Alberto con Beniamino, vecchio fabbro incontrato in un paesino del cuneese, dov’era considerato alla stregua di un bizzarro ubriacone e che, fattosi imprestare lo strumento dal violinista del Cantovivo, si mise a suonare in modo impeccabile i Capricci di Paganini. Avessi avuto anch’io una analoga avventura, ne avrei sicuramente ricavato una canzone (come Alberto ha fatto), e magari ne avrei tratto lo spunto per scrivere anch’io un libro, intitolato – ovviamente -“Con la chitarra in spalla”.
Fausto Amodei
Alberto Cesa, i Cantovivo sono un esempio di patrimonio del mondo musicale che deve essere riscoperto, riascoltato, ricordato. L'ideale preziosa continuazione di questo Percorso si chiama Alberkant, così come ne parla Renato Scagliola nella sua presentazione:
Alberto Cesa se n'è andato all'improvviso all'inizio del 2010, quando c'era ancora tanto da fare, da suonare, da inventare. E noi, che abbiamo condiviso con lui tanti anni di musica e allegrie, vogliamo provare a riprendere in mano tutto quel grande patrimonio di musica popolare, di impegno civile e politico - che ha messo insieme in tutta la sua vita, e che ci ha lasciato quasi come testamento. Anche se al testamento non ci pensava proprio, anzi. Aveva progetti e idee, robe da scrivere, tutte confluite, già dal 1974, nell'Associazione Cantovivo che si occupa oggi della sua produzione e della sua memoria rivolgendosi a quella varia, diffusa comunità di amici, musicanti, estimatori, specialisti, diffusa in mezza Italia.
I materiali sonori da studiare sono un'enciclopedia, piemontesi e occitani, francesi e spagnoli, brani nuovi targati Cesa, belle scritture - testi e musiche - che raccontano le cose di oggi, fondendo la tradizione con le nuove culture. Per questo ci siamo battezzati Alberkant, coniugando il nome di Alberto con l'abbreviazione di canto col K. Un neologismo che speriamo mantenga le sue promesse.
Gli Alberkant nascono dall'unione di quattro musicisti e amici con l'intento di riproporre l'immenso repertorio folk e popolare che Alberto Cesa e Cantovivo hanno prodotto in oltre 30 anni di ricerca e impegno. La coerenza delle parole legate alle azioni dove la musica non viene condizionata dal business e dalle regole del mercato rimangono una prerogativa anche per gli Alberkant che si legano con la musica e con l'affetto alla figura di Alberto Cesa quale maestro indiscusso e figura di riferimento per il folk in Italia e all'estero.
Gli Alberkant sono Celeste Ruà, organetto, cornamusa e voce, storico collaboratore del Cantovivo dal 1999; Antonio Mammone, fisarmonica e voce, collaboratore del Cantovivo nel 1998; Fabio Turini, percussioni, musicista degli Egin dal 2005; Fabrizio Bobbio, chitarra acustica e voce.
Renato Scagliola
....parleremo ancora di Alberto e dei Cantovivo. Stay tuned!
Nessun commento:
Posta un commento